Una recente ordinanza della Cassazione [1] si è occupata di stabilire che succede quando il compromesso e il contratto definitivo presentano delle differenze di contenuto e quale dei due prevale. È l’occasione per riprendere il sempre apprezzato tema della compravendita immobiliare e spiegare come funzionano i due momenti in cui si articola questa procedura: la previa firma del «contratto preliminare» (quello che appunto viene comunemente detto compromesso) e la successiva stipula del «contratto definitivo» (chiamato rogito per via del fatto che viene siglato davanti al notaio). Dal confronto tra i due atti è possibile comprendere che valore ha il compromesso e quali sono gli obblighi che da esso discendono per l’acquirente e il venditore. Di tanto parleremo in questo articolo, concludendo appunto con la spiegazione della pronuncia della Suprema Corte.

Cos’è il compromesso?

Il compromesso è un contratto preliminare di compravendita. Non trasferisce la proprietà della casa ma obbliga le parti a farlo in un successivo momento, indicato nel compromesso stesso. La legge chiama il compromesso con il nome più tecnico «contratto preliminare». Esso resta sempre un contratto e, pertanto, è obbligatorio e va rispettato. Pertanto, una volta firmato il compromesso non ci si può più tirare indietro e:

  • il venditore è costretto a vendere l’immobile indicato nel preliminare;
  • l’acquirente è costretto ad acquistarlo.

A cosa serve il compromesso?

Il compromesso ha lo scopo di impegnare, in modo irrevocabile, acquirente e venditore di procedere alla compravendita della casa, cioè al passaggio di proprietà che peraltro avverrà solo davanti al notaio.

Sul compromesso sarà pertanto scritto che Francesco si impegna a (o promette di) acquistare, e Giovanni si impegna a (o promette di) vendere. Se invece ci fosse scritto che «Francesco acquista… e Giovanni vende» saremmo davanti a un contratto definitivo.

Affinché il compromesso sia valido è necessario che contenga tutti gli elementi principali dell’accordo ossia:

  • l’indicazione dei nomi delle parti; l’acquirente però può impegnarsi a fornire il nome del soggetto a cui intestare il bene entro un determinato termine (ad esempio il padre che firma il preliminare con l’intento di comprare la casa al figlio);
  • l’indicazione esatta dell’immobile, con gli estremi catastali;
  • le condizioni dell’immobile (se ci sono ipoteche, pignoramenti, abusi edilizi, abitabilità, ecc.);
  • il prezzo di vendita e l’eventuale caparra;
  • termini e modi di pagamento;
  • data del rogito. Non è necessario indicare il nome del notaio che potrà essere comunicato dalla parte interessata entro un termine prefissato (di norma a cura dell’acquirente visto che è questi che normalmente ne sostiene le spese).

Il compromesso deve essere fatto davanti al notaio?

Per la stipula del compromesso non è necessario il notaio. Le parti possono stilare da sé il compromesso e firmarlo con una normale scrittura privata, senza neanche l’obbligo di autenticare le firme.

Il compromesso va registrato?

Il compromesso deve essere registrato presso l’Agenzia delle Entrate. Ciò va fatto entro 20 giorni dalla sottoscrizione. Se stipulato con atto notarile, vi provvede il notaio entro 30 giorni.

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Il compromesso va trascritto nei pubblici registri?

Il compromesso non deve essere necessariamente trascritto nei pubblici registri immobiliari ma tale formalità è opportuna se si vuol evitare di cadere in truffe. Difatti, se il venditore dovesse impegnarsi a vendere la casa a più persone nello stesso tempo, tra queste prevarrebbe chi per prima ha trascritto il compromesso. In pratica con la trascrizione si evita il rischio che la stessa casa sia ceduta ad altri soggetti prima di firmare il rogito.

La trascrizione serve anche per evitare che la casa venga sottoposta a un successivo pignoramento o ipoteca da parte di uno dei creditori del venditore; anche in tale ipotesi infatti prevarrebbe il futuro acquirente che ha trascritto il compromesso.

La trascrizione del preliminare non prevale nel caso in cui sul bene vengano iscritte, anche successivamente al contratto preliminare, delle ipoteche a garanzia di un funzionamento dell’intervento edilizio. Tale prevalenza dell’ipoteca si riferisce però solo al caso in cui l’acquirente, nel contratto preliminare o in un atto successivo annotato in margine alla trascrizione del preliminare, si sia accollato una quota del debito derivante da questo finanziamento. In questo caso, siccome si presume che il mutuo per l’intervento edilizio vada a vantaggio dell’acquirente, perché verrà utilizzato per terminare la costruzione del palazzo o per ristrutturarlo, sono stati privilegiati gli interessi delle banche.

Per la trascrizione del preliminare è necessario che le firme sull’atto siano autenticate dal notaio.

Che succede se il compromesso non viene rispettato?

Se, dopo la firma del compromesso, una delle due parti cambia idea e, senza una valida ragione, si rifiuta di stipulare il rogito notarile, le conseguenze possono essere pesanti:

  • l’altra parte potrà inviargli una diffida ad adempiere e quindi rivolersi al giudice per chiedere che vengano rispettati gli accordi (in tal caso la sentenza, definita “costitutiva” perché fa le veci del rogito notarile e costituisce il diritto di proprietà) e chiedere il risarcimento del danno;
  • in alternativa – come è preferibile che spesso sia – l’altra parte potrà recedere dal contratto preliminare, chiedendo la restituzione del doppio della caparra versata al venditore (se è lui che non rispettato gli accordi) oppure trattenere la caparra ricevuta dall’acquirente (Se gli accordi non sono stati rispettati da quest’ultimo) senza possibilità per entrambi di chiedere ulteriori risarcimenti di danni.

Se il compromesso è diverso dal rogito quale prevale?

Abbiamo detto che il compromesso deve indicare gli elementi essenziali del contratto definitivo, ma non è detto che li contenga tutti. A volte poi potrebbe succedere che tra il definitivo e il preliminare vi siano delle diversità come nel caso, ad esempio, in cui nel primo il proprietario si impegni a realizzare dei lavori per rendere l’immobile agibile, mentre nel secondo questa clausola non è riportata; oppure potrebbe succedere che nel preliminare viene prevista anche la vendita di una particella che nel rogito invece non viene indicata. Che succede in tali casi? A dirlo è la sentenza della Cassazione citata in apertura. Il contratto definitivo prevale sul preliminare: pertanto, in caso di diversità tra i due atti, il venditore non può essere considerato inadempiente. La stipula del rogito, infatti, costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti all’accordo a meno che le parti non abbiano manifestato una espressa volontà contraria.

Il preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da quest’ultimo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva.

La Cassazione poi ha chiarito che esiste un altro indirizzo secondo cui la stipula del definitivo costituirebbe soltanto l’adempimento delle obbligazioni assunte con il preliminare, con la conseguenza solo quest’ultimo e non il definitivo sarebbe l’unica fonte dei diritti e degli obblighi delle parti e che l’eventuale modifica degli accordi dovrebbe essere accertata in concreto. Tuttavia, ha spiegato il collegio di legittimità questo orientamento è rimasto isolato nel panorama giurisprudenziale e non è condivisibile.

FONTE: LA LEGGE PER TUTTI

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