La proroga anche per il 2018 dei voucher, bonus baby-sitter è una delle notizie di maggior rilievo contenute nella Legge di Bilancio licenziata dal GovernoGentiloni che ha previsto altre agevolazioni per esempio con il bonus mamme domani Un chiaro segnale di speranza lanciato all’universo femminile, un contributo prezioso all’occupazione in rosa nell’Italia che, specialmente per quel che riguarda le condizioni delle regioni centro-meridionali, arranca paurosamente sotto quest’aspetto.
Il rifinanziamento dei Voucher baby sitter 2018, prorogherà quindi la validità di questo strumento anche per il 2017. Cerchiamo quindi di capire per chi sono validi, quando e come le mamme lavoratrici possono fare domanda all’Inps per ottenere il riconoscimento del contributo economico concesso dallo Stato. Infine anche come funzionano concretamente.
Voucher baby sitter Inps per chi sono previsti
Mamme lavoratrici scelgono di tornare subito al lavoro senza avvalersi del congedo parentale e dopo aver terminato quello di maternità. Ecco per chi sono previsti i voucher baby sitter, l’agevolazione fiscale che consiste nel richiedere questi voucher dopo aver compilato una domanda da inviare all’Inps. L’importo del contributo ammonta a seicento euro mensili che diventano trecento per le mamme lavoratrici autonome non subordinate. Erogato per un periodo che al massimo può arrivare a di sei mesi.
Solo tre invece per le non iscritte alla gestione separata o autonoma non subordinata. La stessa agevolazione è riconosciuta alle mamme lavoratrici part time, ma in misura riproporzionata all’orario ridotto da contratto. La platea di coloro che hanno diritto a questa agevolazione si può riassumere così:
- Lavoratrici iscritte alla gestione separata Inps.
- Lavoratrici dipendenti del settore pubblico o privato.
- Lavoratrici autonome non parasubordinate e alle imprenditrici (che possono usufruire dell’agevolazione solo per tre mesi per un totale di milleottocento euro).
- Libere professioniste non iscritte ad altra forma previdenziale obbligatoria e non pensionate.
Bonus baby sitter 2018 quando e come fare domanda all’Inps
Le madri che vogliono usufruire del Bonus baby sitter devono presentare una domanda all’Inps compilando il modulo nel quale devono indicare la tipologia di contributo richiesto scegliendo tra queste due opzioni:
- il contributo che deve essere utilizzato per pagare la retta dell’asilo nido.
- i voucher utili per il pagamento dei servizi resi da una baby sitter.
Per il ritiro di questo nuovo strumento sarà necessario raggiungere la sede Inps competente per il territorio di appartenenza in base alla provincia di residenza al momento dell’invio della domanda. I voucher andranno ritirati al massimo centoventi giorni dopo la comunicazione dell’accoglimento della domanda. Altrimenti il diritto si riterrà decaduto. Ed ovviamente, per i buoni non ritirati, non si potrà utilizzare il beneficio economico. Tra le altre agevolazioni previste per il 2018 anche gli assegni familiari
Voucher baby sitting INPS come funzionano?
Ecco come funzionano i voucher baby sitting Inps. L’importo del contributo voucher baby sitter, usufruibile come agevolazione per acquistare servizi per l’infanzia, può essere richiesta entro gli undici mesi successivi alla fine del congedo di maternità, che resta obbligatorio. Basterà inoltre non aver concluso tutto il periodo del congedo parentale o non averlo iniziarlo nemmeno. Per ogni mese che la mamma rinuncia la congedo parentale spettano quindi 600 euro. La stessa agevolazione è riconosciuta anche alle mamme lavoratrici part time, ma in misura riproporzionata all’orario ridotto da contratto.
Bonus luce e gas: a chi spettano, ora più ampi
Quanti sono a conoscenza dell’esistenza del bonus luce e gas. Si tratta di uno sconto in bolletta che, nel caso delle situazioni più critiche, arriva e coprire perfino l’importo di 600 euro l’anno rispetto al prezzo pieno. E si sa, i costi sono in continuo aumento per cui la cifra che si arriva a pagare supera spesso e volentieri la soglia per il mantenimento di un tenore di vita dignitoso. Perché sono due i requisiti di base per averne dritto: redditi bassi o problemi di salute. Il punto è che anche se esiste da quasi dieci anni, non tutti sono a conoscenza di questa opportunità, andando così a perdere la fruizione di un bonus che spetta a tutti gli effetti.
E considerando l’arrivo del bonus acqua, il risparmio diventa più che interessante. Ma attenzione, perché con il passaggio al libero mercato ovvero all’abbandono di quello tutelato dallo Stato, potrebbero sorgere inaspettate grane per il governo in termini di rincari generali.
Ad avere diritto del bonus gas sono gli intestatari di un contratto di fornitura la casa di residenza nel caso di nucleo familiare con indicatore Isee fino a 8.107,5 euro; nucleo familiare con più di 3 figli a carico e indicatore Isee fino a 20.000 euro; misuratore gas di classe non superiore a G6. Quest’ultimo è il parametro che distingue le utenze di tipo industriale da quelle di tipo commerciale, ma spetta al distributore procedere alla verifica e non al singolo utente. Attenzione perché non è possibile chiedere il bonus gas 2018 per un contratto che alimenta i servizi comuni del condominio e né nel caso di utilizzo di gas GPL o gas in bombola.
L’importo del bonus viene scontato direttamente sulla bolletta elettrica, non in un’unica soluzione, ma suddiviso nelle diverse bollette corrispondenti ai consumi dei 12 mesi successivi alla presentazione della domanda. L’erogazione può essere interrotta se i dati anagrafici dichiarati non sono corretti; il dichiarazione Isee risulta non veritiera o non conforme ai limiti stabiliti; il contratto di energia elettrica da uso residente diventa non residente; il contratto di energia elettrica viene intestato ad altro soggetto; la tariffa da uso domestico diventa uso non domestico.
Redditi bassi o gravi condizioni di salute
Il bonus luce è destinato alle famiglie meno abbienti e più bisognose e lo strumento utilizzato per l’individuazione della soglia al di sotto della quale si ha diritto allo sconto è l’Isee. Possono allora richiedere il bonus per l’energia elettrica le famiglie con Isee fino a 8.107,50 euro all’anno e le famiglie con più di tre figli a carico e Isee fino a 20.000 euro. A questa due categorie si aggiunge quella in cui uno dei componenti è in gravi condizioni di salute ovvero è in possesso dei requisiti per il bonus per disagio fisico. La domanda va presentata presso il Comune di residenza o presso un altro ente designato dal Comune utilizzando gli appositi moduli.
Naspi 2018 più facile da ottenere
Per i lavoratori stagionali usufruire della Naspi nel 2018 sarà più facile rispetto al passato. La novità consiste nel fatto che l’indennità di disoccupazione si potrà presentare senza troppi problemi perché sarà proprio l’Inps a fornire un modello precompilato che si potrà scaricare dal sito internet dell’istituto accedendo, utilizzando le proprie credenziali, nell’area MyInps, sezione “I tuoi avvisi”. In pratica l’Inps individuerà attraverso i propri archivi i dipendenti che hanno perso il lavoro per cause non riconducibili alla loro volontà mettendo a loro disposizione il link per l’accesso diretto alla domanda di Naspi precompilata. Anche gli importi, e questa è la seconda buona notizia, dell’indennità di disoccupazione 2018 aumentano rispetto agli anni precedenti. Ma andiamo a vedere nello specifico di cosa si tratta.
La Naspi. Il sussidio di disoccupazione, sarà più facile da ottenere grazie a una sperimentazione messa in campo dall’Inps che metterà a disposizione dei lavoratori un modello precompilato che eliminerà diversi problemi. Si tratta di una sperimentazione che entrerà in vigore step by step per correggere eventuali cose che non vanno ed evitare confusioni ed errori che andrebbero, ovviamente, a danneggiare lo stesso lavoratore. Nella prima fase, il servizio si potrà richiedere solo per tre aspetti. In particolare a richiedere il modello precompilato per ricevere la Naspi potranno essere i lavoratori dipendenti del settore privato, compresi lavoratori apprendisti e soci lavoratori di cooperativa, il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato e i dipendenti pubblici con rapporto a termine.
Naspi 2018 gli importi aumentano
Il tentativo dell’Inps è quello di facilitare le operazioni di richiesta del sussidio di disoccupazione così da evitare errori che potrebbero avere delle serie ripercussioni sulla possibilità di usufruirne. A tutto svantaggio ovviamente del lavoratore che sarebbe costretto a rinunciare a un sussidio di vitale importanza perché costituisce l’unica fonte di reddito. Le buone notizie per il 2018 riguardano però anche gli importi che aumentano perché, per la prima volta dal 2015 anno della sua entrata in vigore, gli importi hanno registrato un leggero, ma comunque gradito aumento. La domanda che potrebbe sorgere a questo punto, dunque, è come calcolare l’importo.
Anche in questo caso non sarà molto difficile procedere perché l’importo finale dipende dalla retribuzione media che il lavoratore ha percepito negli ultimi quattro anni. Questa cifra si dovrà dividere per il numero di settimane di contributi versati all’Inps nello stesso periodo, stimato in quattro anni ed il risultato è moltiplicato per il numero fisso 4,33. Il totale ottenuto rappresenta l’importo della Naspi al quale il lavoratore dipendente ha diritto. Esistono dei parametri che praticamente regolano l’importo della Naspi a seconda del reddito dichiarato. Se non supera i 1.208,15 euro (leggermente superiore ai 1.195,00 euro previsti dal 2015 al 2017), l’indennità mensile è il 75% di tale risultato. In pratica per un reddito superiore ai 1.208,15 euro, l’indennità mensile sarà di 906,11 euro più il venticinque per cento dell’eccedenza. L’importo mensile della Naspi 2018 non potrà comunque superare i 1.314,30 euro al mese. Anche in questo caso l’importo è leggermente superiore a quello in vigore dal 2015 al 2017. Dal quarto mese di fruizione, l’indennità è ridotta del 3 per cento ad ogni mese.
Tra assegni familiari e bonus
Basta una interpretazione personale di una norma per accendere o spegnere facili entusiasmi. E in un’epoca in cui è il web a farla da padrone, è sufficiente un post pubblicato qua e là per scatenare dubbi ed errate informazioni. Nel mirino c’è adesso il cosiddetto bonus Inps da 1.900 euro per single, divorziati e vedovi. Si tratta realmente di un’agevolazione in vigore ed erogato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale? La risposta è parzialmente vera (o falsa, dipende dai punti di vista) e prendere le mosse dalle nuove norme sugli assegni familiari 2018 e sulla pubblicazione di una circolare Inps e della legge sulla Gazzetta Ufficiale.
Tutto ruota attorno all’Assegno al nucleo familiare ovvero il sostegno economico erogato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale a famiglie dei lavoratori dipendenti, titolari delle pensioni e di e prestazioni economiche previdenziali da lavoro dipendente e lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi. Ci sono alcune condizioni ben precise da rispettare, come la presenza di più persone in famiglia e il percepimento di un reddito complessivo inferiore a quello determinato ogni anno dalla legge. Succede allora che da quest’anno il tetto massimo di reddito Isee (l’indicatore a cui si fa riferimento per inquadrare la situazione economica delle famiglie) è adesso passato da 8.650 euro annui a 10.639 euro annui.
Di più: se nella famiglia un componente è disabile, la soglia arriva a 14,508 euro e se si è in due e uno di essi è un disabile, l’importo cresce a 15,476 euro. Facile allora capire come l’agevolazione più elevata spetti a single, divorziati e vedovi. E alla cifra di 1.900 euro si giunge con una semplice calcolo aritmetico: se l’assegno familiare corrisponde a 142,85 euro al mese per 13 mesi, la somma complessiva non può che essere pari a 1.900 euro.
Attenzione ai calcoli
Si fa presente che tra i redditi non rientrano i Trattamenti di fine rapporto, i trattamenti di famiglia, le rendite vitalizie erogate dall’Inail, le pensioni di guerra e le pensioni tabellari ai militari di leva vittime di infortunio, le indennità di accompagnamento agli invalidi civili, ai ciechi civili assoluti, ai minori invalidi che non possono camminare e ai pensionati di inabilità, le indennità di comunicazione per sordi e le indennità speciali per i ciechi parziali, gli indennizzi per danni irreversibili da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati, gli arretrati di cassa integrazione riferiti ad anni precedenti quello di erogazione, l’indennità di trasferta per la parte non assoggettabile a imposizione fiscale, li assegni di mantenimento percepiti dal coniuge legalmente separato a carico del/ richiedente e destinati al mantenimento dei figli.
Solo assegni famigliari
L’assegno familiare può essere richiesto anche nel prossimo 2018 direttamente all’Inps da:
- lavoratori dipendenti;
- lavoratori iscritti alla gestione separata Inps;
- lavoratori dipendenti agricoli;
- lavoratori domestici;
- titolari di pensione a carico del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, dei fondi speciali ed ex Enpals;
- titolari di altre prestazioni previdenziali.
Assegni familiari: importo
Per quanto riguarda gli importi previsti per gli assegni familiari, non si tratta di cifre fisse ma variano ogni anno e vengono comunicati ogni anno dall’Inps. Dal primo luglio scattano, infatti, i nuovi livelli di reddito, aggiornati in base all’inflazione dell’anno precedente, importanti proprio per il calcolo dell’erogazione dell’assegno familiare. Le tabelle con gli importi relativi agli assegni familiari e le fasce reddituali sono pubblicate ogni anno dall’Inps e hanno validità dal primo luglio al 30 giugno dell’anno successivo, per cui gli nuovi importi pubblicati dall’Istituti di Previdenza sono validi fino al 30 giugno 2018. Il reddito da considerare è quello percepito dal richiedente e da tutte le persone che compongono il nucleo familiare, prodotto nell’anno solare precedente. E’ importante sottolineare che l’assegno per il nucleo familiare è cumulabile con l’assegno per il nucleo familiare concesso dai Comuni.
Assegni familiari 2018: come fare domanda e durata
La domanda per la richiesta dell’assegno familiare deve essere inviata direttamente all’Inps esclusivamente in via telematica sul sito dello stesso Istituto. Può essere inviata anche tramite Caf e patronati. La domanda deve essere presentata per ogni anno in cui se ne ha diritto e deve essere comunicata entro 30 giorni ogni genere di variazione intervenuta nel reddito e/o nella composizione del nucleo familiare, durante il periodo di richiesta. La domanda ha una durata annuale per cui deve essere presentata per ogni anno per cui se ne ha diritto:
- o al proprio datore di lavoro, nel caso in cui il richiedente svolga attività lavorativa dipendente, utilizzando il modello ANF/DIP (SR16);
- o all’Inps, nel caso in cui il richiedente sia addetto ai servizi domestici, operaio agricolo dipendente a tempo determinato, lavoratore iscritto alla gestione separata.
Durante il periodo di richiesta dell’assegno familiare, qualsiasi variazione intervenuta nel reddito e/o nella composizione del nucleo familiare deve essere comunicata entro 30 giorni.
Rei e Alleanza povertà: come superare le criticità sociali del nostro Paese
Il reddito di inclusione o Rei è finalmente legge ufficiale ed è in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale con un asumento dei beneficiari e dell’importo e cifra dell’assegno rispetto a quello iniziale. Ecco come fare domanda INPS e chi può farla
Dopo la firma ufficiale del provvedimento che dà finalmente il via al Rei 2017, nuovo reddito di inclusione contro la povertà, i dibattito sulle misure per contrastare l’indigenza continua senza sosta, alla luce di diversi punti critici emersi già con il nuovo Rei. Sono tantissimi ormai i poveri in Italia, ma sempre scarse le risorse economiche da destinare a piani di sostegno per queste persone, e le ultime notizie sul Rei che potrà effettivamente essere destinato solo a pochi ne è una dimostrazione. Bisognerebbe fare di più e non solo da un punto di vista di sostegni economici ma anche per quanto riguarda le politiche attive di reinserimento nel mondo del lavoro di chi oggi si ritrova a non avere un impiego.
Stando a quanto riportano le ultime notizie, nonostante appena entrato in vigore il nuovo Rei, reddito di inclusione 2017, sta creando non poche difficoltà, trattandosi di un sussidio che per la serie di requisiti che chiede di soddisfare alla fine varrà solo per pochi. E per molti non si tratta certo della migliore soluzione per combattere la povertà nel nostro Paese. Proprio per superare queste criticità è stato messo a punto un nuovo documento, Alleanza Povertà, con ulteriori proposte contro l’indigenza che potrebbero essere inserite nella prossima manovra finanziaria.
E proprio in virtù del fatto che il nuovo Rei sarà effettivamente per pochi, l’Alleanza propone di adottare un Piano Nazionale contro la povertà 2018-2020, che prosegua il percorso iniziato con l’introduzione del Rei, estendendolo a tutti gli indigenti, andando oltre i tanti requisiti al momento richiesti, e sostenendone l’attuazione a livello locale. Per il nuovo Piano contro la povertà dell’Alleanza, però, il nodo da sciogliere resterebbe sempre quello delle risorse, poche al momento quelle disponibili e di circa 5,1 miliardi di euro in più rispetto ad oggi richiesti a regime nel 2020. Secondo l’Alleanza solo con maggiori risorse economiche a disposizione si potrà effettivamente fare qualcosa per sostenere coloro che oggi si ritrovano a vivere in condizioni di grosse difficoltà economiche e prevedere nuovi piani di inclusione sociale.
Rei reddito di inclusione: requisiti e come presentare domanda
Il Rei reddito di inclusione 2017, come detto, ha un valore compreso tra i 190 euro e i 485 euro massimi in caso di famiglie numerose e vale per una durata massima di 18 mesi. Al termine di questo periodo, però, si potrà nuovamente richiedere ma per farlo bisognerà aspettare almeno 6 mesi dall’ultima erogazione. Per richiedere il nuovo reddito di inclusione bisognerà soddisfare determinati requisiti che, come riportano le ultime notizie, prevedono:
- essere cittadini italiani o comunitari, o familiari di cittadini italiani o comunitari, non aventi la cittadinanza in uno Stato membro;
- avere un reddito Isee di 6mila euro;
- presenza di figli minori, disabili in famiglia, o disoccupati;
- nuclei familiari monogenitoriali, come madre single;
- obbligo di mandare a scuola i propri figli;
- nel caso di cittadini extracomunitari, avere regolare permesso di soggiorno;
- essere titolari di protezione internazionale (asilo politico, protezione sussidiaria) e residenti in Italia da almeno due anni;
- impegnarsi nella ricerca attiva di un nuovo lavoro o frequentare corsi di formazione sempre volti al reinserimento del richiedente il Rei nel mondo occupazionale.
Non possono, invece, presentare domanda di richiesta per avere il nuovo reddito di inclusione i nuclei familiari in cui vi sia un componente che usufruisce di qualsiasi altro ammortizzatore sociale, come la Naspi, o che nei due anni precedenti la domanda abbiano acquistato una nuova auto, o moto o barche. La domanda per ottenere il nuovo reddito di inclusione dovrà essere presentata presso i punti per l’accesso al Rei, che saranno definiti dai singoli Comuni e gli stessi enti, entro 10 giorni, dovranno inviare la richiesta all’Inps, che entro i 5 giorni successivi verificherà i requisiti del richiedente, riconoscendo il beneficio in caso di esito positivo. Il Rei sarà erogato dai Comuni con i quali i cittadini si impegneranno a rispettare l’impegno di ricerca di un nuovo lavoro.
A chi spetta la Carta Famiglia
Seppur con un anno di ritardo, ecco che in questo 2018 fa il suo ingresso nel sistema italiano la Carta Famiglia, destinata a quelle con almeno 3 figli. Già istituita 13 mesi fa, è stato necessario un bel po’ di tempo prima che diventasse effettiva. Di conseguenza è già corsa per conoscere tutti i dettagli di questa misura, dai requisiti necessari per avanzare richiesta alla conoscenza di tutti i contenuti della tessera, fino ad arrivare alle modalità (e dove) di richiesta. Due premesse sono utili: la prima è la sua disponibilità nel mese di febbraio ormai alle porte. la seconda è che non si tratta di una carta acquisti simile a quelle introdotte negli ultimi anni. La Carta Famiglia è una vera e proprio tessera sia per portare a casa a prezzi scontati beni fisici nei negozi (non solo alimentari) e sia per fruire di servizi quotidiani, come l’utilizzo dei mezzi pubblici e le bollette.
Stando alle norme approvate, possono richiedere la Carta Famiglia i nuclei familiari costituiti da cittadini italiani o stranieri regolarmente residenti nel territorio italiano con almeno tre figli minori a carico e un Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) fino a 30.000 euro. Due dettagli sono importanti per inquadrare al meglio questo strumento. Tra i figli sono compresi anche i bimbi in affidamento. E si fa riferimento al numero di under 18 presenti. L’elenco dei prodotti e dei servizi da acquistare con la Carta Famiglia è molto lungo e comprende:
- beni alimentari, tra cui le bevande analcoliche;
- prodotti non alimentari, come abbigliamento e calzature, articoli di cartoleria e di cancelleria, detersivi per la pulizia della casa, libri e sussidi didattici, medicinali, prodotti farmaceutici e sanitari, saponi e dentifrici, strumenti e apparecchiature sanitari;
- servizi, quali fornitura di acqua, energia elettrica, gas e altri combustibili per il riscaldamento, impianti turistici e del tempo libero, istruzione, formazione professionale, musei, spettacoli e manifestazioni sportive, palestre e centri sportivi, raccolta e smaltimento rifiuti solidi urbani, ristorazione, servizi ricreativi e culturali, servizi socioeducativi e di sostegno alla genitorialità, servizi turistici, alberghi e altre tipologie di alloggio, trasporti.
Carta Famiglia: come fare a richiedere
Per richiedere la Carta Famiglia occorre recarsi agli sportelli del Comune in cui risiede la famiglia da parte di uno dei genitori, che ne diventa titolare. Occorre comunque pagare un costo di emissione fissato dallo stesso Comune a cui ci si rivolge. E se i componenti della famiglia hanno residenze differenze, a valere è quella indicata sul modello Isee dell’anno in corso, da presentato insieme alla domanda per l’ottenimento della Carta Famiglia. Per riconoscere i negozi in cui la tessera sarà spendibile bisogna cercare l’apposito bollino insieme al logo della card esposto dai negozi. Riporta la dicitura “Amico della famiglia”, in caso di sconti del 5% e oltre rispetto al prezzo di listino dell’articolo o servizio, oppure “Sostenitore della famiglia”, se gli sconti arrivino al 20% del costo normale del bene scelto.
FONTE: BUSINESSONLINE